Don Domenico Salvador. “El mal e la mala Pasqua”

OGGI DOMENICA XXVIII

2 Re 5, 14-17; Salmo 98; 2 Timoteo 2, 8-13; Luca 17, 11-19.

 

El mal e la mala pasqua

 

Questo detto popolare calza a pennello con la condizione dei lebbrosi al tempo di Gesù. Oltre alla malattia ritenuta molto contagiosa, che rendeva ripugnante chi ne era colpito, si attribuiva la causa alla maledizione divina per una colpa grave. Il lebbroso era, perciò, emarginato dalla società e scomunicato dalla religione; doveva vivere fuori dei centri abitati e gridare: “Allontanati, impuro, immondo” a chi si avvicinava. Contaminava ritualmente chi lo toccava e doveva vestire stracci (cf Levitico 13; 14).

Gesù incontra un gruppo di dieci lebbrosi all’esterno di un villaggio nei confini tra la Galilea e la Samaria. Si fermano a distanza e gridano: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”. Subito Gesù li invita secondo la Legge: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”, che fungevano anche da ufficiali sanitari per constatare la guarigione e reinserire i purificati nella società. Tra loro c’era un samaritano, appartenente a un popolo disprezzato e nemico di Israele, perciò ancora più reietto. La malattia e l’emarginazione generale aveva accumunato i dieci, superando le barriere culturali e religiose. Tutti e dieci, fiduciosi nella parola di Gesù, mentre andavano, furono purificati. A questo punto avviene un cambiamento di rotta nel gruppo: il samaritano tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo.  La domanda di Gesù è anche la nostra: ” E gli altri nove dove sono?”. Nella coscienza, o meglio, nel cuore di chi si sentiva più dis-graziato degli altri era avvenuto un totale rovesciamento di sensibilità: qualcuno lo aveva preso sul serio, forse per la prima volta in vita sua. Ora è graziato perché ha ricevuto un segno – che non è il controllo burocratico dei sacerdoti – ma pura grazia di Dio, a cui dà lode con tutto il suo essere. L’originale greco dice megáles fonês, cioè fatto megafono. La riconoscenza genera nel samaritano quel rapporto vitale che fruttifica nella fede. Il dono della guarigione ha aperto sull’abisso dell’abiezione una luce nuova: Dio mi ama in Gesù. Per gli altri nove la convinzione che la guarigione fosse una cosa loro dovuta, in quanto appartenenti al popolo eletto, ha impedito di cogliere la gratuità del gesto di Gesù.

Alcuni giorni fa durante un’escursione, di fronte a uno spettacolo della natura, un amico ha esclamato: ” Vedi, Don, non sappiamo più stupirci!”. Ho commentato: “Per questo diventiamo istupiditi, cioè degli stupidi, più o meno diplomati”. Era il 90% dei guariti da Gesù e, forse con la stessa percentuale, anche nella nostra società.

A questo punto è bene rispolverare l’adagio latino: Gratiarum actio est nova petitio = Ogni ringraziamento è una nuova richiesta; ci dispone a riceverne ancora. Ma se non ci accorgiamo dei tanti doni ricevuti, non sappiamo neppure ringraziare. E allora…

 

Don Domenico Salvador