Lazzaro, lazzaretto o lazaron?

OGGI DOMENICA XXVI

Amos 6, 1.4-7; Salmo 146; 1 Timoteo 6, 11-16; Luca 16, 19-31

Loda il Signore, anima mia

Lazzaro, lazzaretto o lazaron?

 

L’undici luglio scorso mi trovavo in Brasile, ospite del parroco di Jaguarè che mi ha chiesto di sostituirlo nella comunità di São Bento per l’inaugurazione della nuova cappella. Ho accettato con piacere l’invito e, con l’amico Silvano, ci siamo orientati tra le piantagioni di eucalipto fino ad arrivare tra il popolo in festa. Subito si avvicina un signore che si vanta dell’origine italiana e mi ringrazia per avergli ispirato il nome da dare al figlio. Eravamo, mi racconta, alla fine dell’anno 2000 nella vecchia cappella con mia moglie, gravida del primo figlio, e stavamo pensando al nome del nascituro. In quella predica lei ha parlato così bene di Lazzaro della parabola del vangelo, che lo abbiamo scelto per il bambino. Immaginatevi la mia gioiosa sorpresa. Mai in Italia ho incontrato persone con questo nome, probabilmente a causa di alcuni sostantivi derivati. Oltre a “lazzaretto”, che designa l’ospedale dove si ricoveravano in isolamento persone colpite da malattie infettive o contagiose, usiamo anche la parola “lazzarone” o, in dialetto lasaron, a volte in tono scherzoso per indicare un tipo birbone o scansafatiche, ma spesso come sinonimo di canaglia, mascalzone.

Ci si dimentica facilmente dell’altro evangelico Lazzaro, fratello di Marta e Maria, risuscitato da Gesù, ma poi nella devozione popolare si mescola l’uno con l’altro per raddoppiare l’aiuto di Dio (come dice l’etimo del nome) a protezione dei fratelli e sorelle bisognosi.

Tornando alla parabola, è necessario capire il perché della radicale contrapposizione e del capovolgimento della situazione tra il ricco egoista che non dà la minima attenzione al miserabile Lazzaro, peggio dei cani che leccavano le piaghe. Mentre l’elemosina e l’aiuto ai bisognosi procura amici per il giorno del giudizio (Lc 16,9), l’indifferenza verso i fratelli indigenti determina l’esclusione dalla vita con Dio. Il piatto orizzonte dei bontemponi e dei presuntuosi autosufficienti è duramente descritto dal salmista: Questa è la via di chi confida in se stesso, la fine di chi si compiace dei propri discorsi. Come pecore sono destinati agli inferi, sarà loro pastore la morte! (49, 14-15). Altro che i pascoli eterni con il Buon Pastore!

Il ricco non ha nome: con la morte tutto è finito. Il povero ha un nome simbolico: Lazzaro, perché Dio non si dimentica di lui e la sua vita fa parte della storia vera. Gesù rompe con la concezione della povertà come castigo e della ricchezza come ricompensa per i giusti. La parabola odierna rappresenta un’esemplificazione concreta del grido profetico di Gesù: “ Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio (6, 20); Ma guai a voi ricchi … (6, 24)”.

Quando siamo ciechi e sordi di fronte ai fratelli e sorelle nel bisogno, non c’è miracolo che riesca a scuoterci dalla nostra insensibilità e diventiamo, in senso peggiorativo, dei veri e propri lazzaroni.

Don Domenico Salvador